Simona Molinari attrice in “C’è Tempo” un film di Walter Veltroni

C’E’ TEMPO un film di WALTER VELTRONI con STEFANO FRESI, SIMONA MOLINARI, GIOVANNI FUOCO, FRANCESCA ZEZZA con la partecipazione di SERGIO PIERATTINI e con LAURA EPHRIKIAN, SILVIA GALLERANO, SHI YANG SHI con l’amichevole partecipazione di MAX TORTORA e di ANNA BILLÒ, GIOVANNI BENINCASA e JEAN-PIERRE LÉAUD.

Prodotto da PALOMAR e VISION DISTRIBUTION in collaborazione con SKY CINEMA e PATHÉ

SINOSSI

Stefano (Stefano Fresi), quarantenne precario e immaturo, vive in un paesino di montagna e fa un lavoro bizzarro: l’osservatore di arcobaleni. Alla morte del padre, mai conosciuto, scopre di avere un fratellastro tredicenne, Giovanni (Giovanni Fuoco), fin troppo adulto per la sua età. Senza alcuna intenzione di prendersene cura, Stefano parte per Roma e ne accetta la tutela solo per ricevere in cambio un generoso lascito. Profondamente diversi, i due intraprendono un viaggio in macchina che, fra diffidenze iniziali e improvvise complicità, si colora a ogni tappa. L’incontro con la cantante Simona (Simona Molinari), in tour con sua figlia, sarà la svolta nel rapporto tra Stefano e Giovanni che, strada facendo, scopriranno quanto essere fratelli possa essere sorprendente, proprio come un arcobaleno a due volte sovrapposte.

NOTE DI REGIA

Quelle che state per leggere vengono definite le “note di regia”. Cioè il racconto dell’intenzione di chi ha costruito il film, la spiegazione del linguaggio scelto, il senso della storia raccontata. “C’è tempo” è un piccolo film, arrivato dopo diversi documentari e migliaia di film visti. È la storia di un viaggio di due persone sole, legate dal filo di un Dna ma separate dalle condizioni sociali e dal tempo in cui sono nate e cresciute. Stefano e Giovanni non si conoscono e hanno tutti i motivi, anche caratteriali, per detestarsi. Finché non si scoprono, attraverso le parole e il racconto reciproco di frustrazioni e attese. Perché, in fondo, è nella ricerca e nella scoperta dell’altro da sé che risiede la possibilità di vivere una vita compiuta. Stefano è un precario che fa lavori poetici e poco redditizi, ma non aspira ad altro che a inseguire le sue passioni. Giovanni è un bambino solo, figlio di genitori ricchi, grandi e lontani, che ha trovato nel cinema riparo alla sua malinconia. Stefano è per lui un mondo sconosciuto, alieno dalla perfezione ovattata alla quale è stato abituato. La sua rumorosità è estranea al silenzio algido della casa di Giovanni. Ha tredici anni ma è saggio, come i bambini sanno essere e i grandi fanno fatica ad accettare siano. Ama il cinema perché gli fa vivere i mondi che gli sono stati negati. È la sua finestra sull’inconosciuto, su quello che esiste e forse è raggiungibile, oltre il suo silenzio.Incontrano una ragazza e sua figlia, Simona e Francesca. Anche loro, in fondo, sono sole. I quattro uniscono i loro viaggi e il loro tempo. Si scoprono e si piacciono, mentre l’Italia corre sotto le ruote di una mitica Volkswagen cabriolet. Il film è – questa sì intenzione della regia – un evidente atto d’amore per il cinema italiano. Chi ama il cinema, cioè chi legge queste note, potrà riconoscere più di cinquanta grate citazioni, giocate tra scenografia, costumi, luoghi, battute…

Il film è anche un omaggio alla commedia all’italiana, quella che cercava di legare l’intenzione di comunicare significati e messaggi sociali e persino politici, in modo non aristocratico, con il rispetto e l’amore per tutto il pubblico, non solo quello più colto. La commedia che riusciva a far convivere le emozioni più diverse. Riusciva, insieme, a far commuovere e sorridere, se non ridere, chi andava al cinema. L’arcobaleno, il contrario del labirinto, è un simbolo importante, di questi tempi. È un luogo reale e di sogno dove differenze radicali, quelle della luce e dei colori, convivono trasformandosi in una meraviglia per tutti. Il labirinto, luogo per definizione uniforme, ci isola e disperde. L’arcobaleno, esaltazione della diversità, ci unifica nella comunità di uno sguardo e di un incanto. Nel film interpreta la parte di se stesso Jean-Pierre Léaud. Non è solo un omaggio a Truffaut, autore imprescindibile. È un omaggio anche all’idea di giovinezza e di vita, al desiderio di libertà, viaggio, dubbio del protagonista di “I 400 colpi”, Antoine Doinel.

Walter Veltroni

WALTER VELTRONI

2017 “Tutto davanti a questi occhi” documentario
2016 “Scuola di felicità” serie tv
2016 “Indizi di felicità” documentario
2016 “Gli occhi cambiano” serie tv
2015 “Milano 2015” documentario di sei autori episodio “Magica e veloce”
2015 “I bambini sanno” serie tv 
2015 “I bambini sanno” documentario
2014 “Quando c’era Berlinguer” documentario

LA COLONNA SONORA

“C’è tempo” è, fin dal titolo, un film con una forte impronta musicale. È infatti anche un esplicito omaggio alla incantevole canzone di Ivano Fossati, uno dei più bei testi della musica italiana. La protagonista femminile, Simona Molinari, è nel film, come nella vita, una interprete jazz e pop. Stefano Fresi conferma di essere un talento capace di suonare, cantare, comporre. Danilo Rea ha scritto una colonna sonora essenziale e suggestiva.

“C’è tempo” è impreziosito da tre brani inediti.

La Fondazione Lucio Dalla ha accettato l’idea che “Almeno pensami” fosse utilizzata per la prima volta nel film in ragione della antica amicizia tra Lucio e il regista del film. “Lo Stato Sociale” ha ideato “Sempre lo stesso, sempre diverso”, un brano molto suggestivo che accompagna i titoli di testa e di coda del film con assoluta coerenza al senso del racconto. Simona Molinari ha scritto “Parlami”. Un brano molto emozionante che Simona esegue per la prima volta all’interno del film.

Walter Veltroni

“SEMPRE LO STESSO, SEMPRE DIVERSO” – Lo Stato Sociale

Lo Stato Sociale, la band di “Una vita in vacanza”, vera rivelazione di Sanremo 2018, per tre mesi il brano più trasmesso dalle radio italiane, doppio disco di platino, non sta mai ferma e nel suo eterno mettersi in gioco approda alla colonna sonora di questo film. Dopo le oltre 50 milioni di views su YouTube e un lungo tour nelle principali piazze italiane, da piazza del Campo, a piazza Maggiore, i regaz tornano ad occuparsi di cinema e lo fanno poco prima dell’uscita del loro documentario, prodotto da I Wonder, che racconterà lo speciale rapporto che c’è tra la band e la sua città partendo proprio dalla magica notte di piazza Maggiore. Ma non c’è solo il cinema nei progetti del collettivo, che ha infatti appena pubblicato un graphic novel (“Andrea”, Feltrinelli Comics) che ha riscontrato un grande successo, e sta per pubblicare il secondo romanzo (il primo fu “Il Movimento è fermo”, Rizzoli). i cinque ragazzi di Bologna stanno attualmente lavorando al loro quarto album di inediti. Per l’esordio cinematografico di Walter Veltroni hanno scritto e inciso l’inedito onirico e profondo dal titolo “Sempre lo stesso, sempre diverso”.

“ALMENO PENSAMI” – Lucio Dalla

“Almeno Pensami” è il brano scritto da Lucio Dalla a fine 2010. La canzone, che fu interpretata da Ron al Festival di Sanremo 2018 (4° posto e Premio della critica Mia Martini), è in questa versione originale interpretata e realizzata in studio da Lucio Dalla. Il brano verrà pubblicato nei prossimi mesi e sarà accompagnato dalle immagini del film e alcune riprese inedite ambientate nello studio e nella casa di Dalla.

“PARLAMI” – Simona Molinari

Il grande regalo di questo film per la mia vita è stato il tornare a scrivere. Negli ultimi 4 anni ho avuto un momento di blocco creativo. Ma quando Walter mi ha scelta per questo ruolo, la sua stima e la sua fiducia hanno riacceso in me qualcosa. Di lì a poco è venuta a trovarmi una melodia. Mi ronzava in testa da quando mi svegliavo a quando andavo a dormire. Una melodia d’altri tempi, malinconica ma dolce, positiva.

Al terzo giorno ho cominciato a crederle e a buttar giù un testo. È nata “Parlami”. Una canzone che parla di conflitti e solitudini che possono essere superati solo parlando, tirando fuori i nodi che il tempo e la vita creano dentro di noi e fanno deperire quell’energia chiamata amore, che ci tiene in vita. Scelte subite, abbracci o sguardi negati, ferite e emozioni a cui non sappiamo dare un nome e a cui non diamo spazio per mancanza di tempo e coraggio, perché a volte è più facile lasciarsi andare al frastuono di serate “alcoliche” e rumorose piuttosto che affrontarsi. In due però è più facile farlo, in due ci si può stringere, in due ci si può comprendere, a volte basta una parola e una pacca sulla spalla per rinascere e tornare ad amarsi. 

Questo film e questo brano hanno rappresentato per me una sorta di ripartenza. Non smetterò mai di ringraziare Walter per questo.

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